Partendo dal bilancio UE (ridotto a circa l’1% del PIL) viene messo in evidenza il dato di fatto che l’Italia nel tempo è divenuta un contributore netto dell’Unione Europea. La motivazione va ricercata nell’ingresso dei paesi meno sviluppati a cui si aggiungono gli effetti del rebate (uno sconto) di cui ancora beneficiano alcuni Stati membri. Per i paesi come l’Italia la situazione è anche aggravata dall’uscita dall’UE del Regno Unito, che benchè beneficiario di un rebate di vecchia data (risale ai tempi della Thatcher) era comunque un contributore netto. Molto dipenderà a quando sarà posticipata l’eliminazione di tutti i rebate esistenti.
Nell’ambito della politica di coesione una novità che ci riguarda da vicino è quella dell’introduzione di altri criteri (oltre il PIL pro capite) per l’allocazione dei fondi europei (in particolare: mercato del lavoro, accoglienza dei migranti, emissione di gas serra) e il declassamento di alcune regioni italiane, in particolare Molise e Sardegna (da regioni in transizione a regioni meno sviluppate) oltre che di Umbria e Marche (che passano da regioni più sviluppate a regioni in transizione).